I congressi dei naturalisti italiani fra scienza e politica. Per i 150 anni dell'Unità  d'Italia
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1840 Torino

Malumori e proteste suscitò l'alzata d'ingegno di Carlo Luciano Bonaparte quando, appena aperto il congresso di Pisa, annunciò che la sede della riunione successiva sarebbe stata Torino. In palese violazione al regolamento, che prevedeva una votazione all'ottavo giorno, «tale proposta - relazionava Luigi Nardo al suo ritorno all'Ateneo Veneto - come che sia detta da alcuni universalmente applaudita, non lo fu per infatti, se non dai sudditi piemontesi e dalla folla degli estranei al congresso, la quale ogni cosa applaudiva». Ma un corriere inviato prontamente a Torino per chiedere al Re di Sardegna il permesso, costrinse l'assemblea a ratificare la decisione, volenti o nolenti i suoi membri. Carlo Alberto di Savoia acconsentì, sia per un'inclinazione particolare agli studi, elemento centrale nella sua idea di coscienza civile, sia per non render marginale il Piemonte, a dirla con Antonio Zobi, di fronte ad «eventuali contingenze italiche». Come già Leopoldo II di Toscana, anche Carlo Alberto sentenziò: se gli organizzatori «veulent s'adjoindre les littérateurs, je ne m'yoppose point».

La seconda riunione si svolse quindi a Torino dal 16 al 30 settembre 1840. Bandite, oltre ai letterati, alcune personalità politicamente scomode, come il medico Franceso Puccinotti o il fisico (e archeologo) Francesco Orioli, che pur erano stati accolti al pari degli altri al congresso pisano, quest'ultimo peraltro, suddito pontificio di Viterbo, in violazione ai divieti papalini. Intervennero comunque in 573. Presidente, per decisione del Re, Alessandro Saluzzo di Monesiglio, sbiadito collezionista di cariche disgustato in egual modo dall'Austria e dalla rivoluzione, «coul Marches - satireggiava Scipione Giordano - ch'a fa finta d'capì tut, lon ch'a s'disputa an Congres per fè vdde ch'a l'è istrut», coadiuvato dal segretario Giuseppe Genè, zoologo e direttore del Museo di scienze naturali di Torino. Fra i deputati a coordinare i lavori delle sezioni (Fisica, chimica e matematica; Geologia, mineralogia e geografia; Botanica e fisiologia vegetale; Zoologia e notomia comparata; Agronomia e tecnologia; Medicina) alcune conferme, dal Bonaparte, al Ridolfi, al Configliachi, e qualche personalità locale, come il matematico e astronomo Giovanni Plana, il fisico e chimico Amedeo Avogadro, il botanico Giuseppe Giacinto Moris o lo zoologo Giacinto Carena e il geologo Angelo Sismonda. La presenza estera andava, fra gli altri, dal fisico Auguste-Arthur de La Rive, all'anatomista e fisiologo Friedrich Tiedemann, al botanico Augustin Pyrame de Candolle, al matematico Charles Babbage, la cui macchina analitica, antesignana del computer, incendiò gli entusiasmi di Fabrizio Ottavio Mossotti e del giovane Luigi Federico Menabrea.

Torino ebbe per l'occasione una nuova guida della città e per gli scienziati furono organizzate gite a Superga, a Stupinigi, a Moncalieri. Caffè concerto in Piazza San Carlo, illuminata a festa, con gli strumentisti dell'Accademia Filarmonica. Si depreca l'annullamento per mancanza di fondi della rappresentazione al Teatro Regio dell'opera Pietro d'Arezzo del maestro G.A. Speranza, figlio di Carlo Speranza, noto clinico intervenuto al congresso, inframezzata da un «ballo di mezzo carattere» composto per l'occasione.