I congressi dei naturalisti italiani fra scienza e politica. Per i 150 anni dell'Unità  d'Italia
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1844 Milano

Per la seconda volta le autorità accettarono un congresso dei dotti in territorio austriaco. La città di Milano si impegnò molto nell'organizzazione dell'evento, un po' per fare la sua parte in queste riunioni naturalistiche e non essere da meno di altri Stati, come la Toscana, che sul mecenatismo scientifico aveva costruito parte delle sue fortune secolari, un po', forse, per una certa qual nostalgia, già da tempo notata dai servizi segreti imperiali, per i fasti napoleonici, per quel «movimento lussureggiante di Corte, che abbagliando i sensi promoveva nei ambiziosi, nelle dame e nel popol stesso una specie di entusiasmo e di idolatria».

Il sesto congresso si tenne dal 12 al 27 settembre 1844. Fu eletto presidente generale il conte Vitaliano Borromeo, membro dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, nonché presidente della società dei battelli a vapore e dell'ente responsabile della ferrovia Milano-Venezia, sul quale si leggono giudizi contrastanti, ma che garantiva un connubio fra antica nobiltà locale e progresso scientifico e tecnologico. Segretario l'entomologo Carlo Bassi, non nuovo ai lavori congressuali della sezione zoologica. Fra i 1159 iscritti alle 7 sezioni (Fisica e matematica; Agronomia e tecnologia; Chimica; Mineralogia, geologia e geografia; Zoologia, anatomia e fisiologia comparata; Scienze mediche; Botanica e fisiologia vegetale) e fra gli amatori, il matematico Gabrio Piola, l’astronomo e matematico Francesco Carlini, lo zoologo Giuseppe Balsamo Crivelli, il geologo Leopoldo Pilla, che morirà in battaglia a Curtatone, il botanico Vincenzo Cesati, il medico pavese Carlo Cairoli, padre dei fratelli Cairoli, il conte Gabrio Casati, futuro senatore del Regno d'Italia, Alessandro Manzoni, del quale non c'è bisogno di dire, l'editore torinese Giuseppe Pomba. Fra gli stranieri il naturalista Eduard Rüppell, il chimico Christian Friedrich Schönbein, Robert von Mohl, professore di economia politica a Tubinga, il geologo Arnold Escher von der Linth, il medico Peter Mark Roget, lo scrittore Anthony Trollope, Spencer Joshua Alwyne Compton, marchese di Northampton, geologo, uomo di Stato e presidente della Royal Society, il naturalista Alexandre Bourjot Saint-Hilaire. Gli Atti segnalano la presenza in sala delle baronesse Ernestina e Luigia Kotz da Praga, quest'ultima scrittrice di un certo successo.

Nonostante Lorenzo Pareto lamentasse «poca fusione fra i forestieri e i signori milanesi», «una certa qual freddezza» e «del sussiego per parte di molti della nobiltà del paese», si stanziarono capitali ingenti per la buona riuscita del congresso, e qualcuno, come il conte Pompeo Litta, aprì la propria casa a chiunque volesse visitarla. Come genius loci cui erigere un monumento si preferì Bonaventura Cavalieri ad Alessandro Volta e l'inaugurazione fu accompagnata dalla lettura pubblica di un elogio scritto da Gabrio Piola. Fu riordinato il Gabinetto tecnologico dell'Istituto lombardo e organizzata un'esposizione di prodotti manifatturieri locali. Ignazio Cantù preparò un volume di biografie degli «italiani ascritti ai cinque primi congressi». Anche Milano pensò a una nuova guida, anzi, ci pensò ancor più intensamente delle altre città ospiti, visto che Carlo Cattaneo aveva recensito tutte le guide uscite in occasione dei congressi sul suo «Politecnico», del cui primo numero aveva fatto omaggio qualche anno prima alla riunione di Pisa. I criteri proposti da Cattaneo per una guida di «pregio scientifico e permanente», estranea al «novero dei libri di transitoria occasione» che avrebbe dovuto dare un quadro a tutto tondo dell'intera Lombardia, non furono applicati, e dopo una lunga serie di dimissioni a catena, la guida per i congressisti fu affidata a Cesare Cantù, e Cattaneo riuscì a stampare solo il primo volume di un'opera così a lungo meditata.