Petrus Pictor Burgensis
De Prospectiva Pingendi

Il trattato prospettico di Piero della Francesca, De prospectiva pingendi, ossia, ‘Sulla prospettiva per dipingere’ è il primo manuale di disegno dedicato alla nuova scienza dei pittori. Da questo testo fondativo inizia la grande esperienza della prospettiva rinascimentale i cui principi teorici erano stati definiti da Leon Battista Alberti pochi decenni prima. La sua diffusione nelle botteghe degli artisti fu affidata a una serie di codici manoscritti di cui oggi restano solo sette testimoni, splendidamente illustrati.
Il trattato fu quasi certamente composto attorno al 1474-75, anche se le continue limature e riscritture testimoniate dai codici superstiti ne suggeriscono una gestazione che potrebbe risalire alla metà degli anni Sessanta. Piero lo scrisse in volgare e Maestro Matteo di ser Paolo d’Anghiari lo recò successivamente in latino “de verbo ad verbum” (Luca Pacioli, Summa de aritmetica). Diviso in tre libri, il De prospectiva pingendi è il primo trattato sistematico di prospettiva interamente illustrato, nonché il primo in cui ci si preoccupi di giustificare matematicamente i procedimenti descritti. Nei primi due libri si illustrano le tecniche prospettiche per figure piane e solidi geometrici; nel terzo, dovendo trattare di figure più complesse, Piero pone in atto un metodo “più facile nel dimostrare et nello intendere”, anche se “nello effecto sirà una cosa medesima”. Nell’opera, il testo grafico ha la stessa importanza di quello scritto e le difficoltà dei problemi prospettici sono progressive.
Il trattato è sopravvissuto attraverso sette codici manoscritti, tre volgari – Parma, Biblioteca Palatina, ms. Parmense 1576; Reggio Emilia, Biblioteca Comunale “A. Panizzi”, ms. Reggiani A 41/2 (già A 44); Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. D 200 inf. – e quattro latini – Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. S.P. 6 bis (già C 307 inf.); Bordeaux, Bibliothèque Municipale, ms. 616; London, British Library, cod. Additional 10366; Paris, Bibliothèque Nationale de France,  Lat. 9337 (già Supplément latin 16) –. Il codice volgare di Reggio Emilia e i latini di Bordeaux e Milano sono probabilmente coevi (vi compare, infatti, la mano dello stesso copista). Le stesure volgari più prossime all’archetipo sono quelle del reggiano (considerato senza le aggiunte) e dell’esemplare (non pervenutoci) da cui fu copiato l’ambrosiano.

 

Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza · Reggio Emilia, Palazzo Magnani, 14 marzo - 14 giugno 2015