Monumento a Galileo Galilei

Giulio Foggini (progetto), Giovan Battista Foggini, Vincenzo Foggini, Girolamo Ticciati
busto: 1677; monumento: 1734-1737

Sepolcro monumentale di Galileo
Sepolcro monumentale di Galileo

Storia del sepolcro monumentale

Avendo fallito in vita nel tentativo di promuovere la costruzione di un sepolcro celebrativo per Galileo, Vincenzo Viviani cercò di riuscirvi post mortem, vincolando gli eredi alla costruzione di un sepolcro per il maestro, nel quale anche la sua stessa salma avrebbe dovuto trovare ricetto. L'accorata perorazione della causa di Galileo aveva fatto breccia, e il XVIII secolo inaugurava una serie di iniziative tese a restituire all'uomo e all'opera il meritato riconoscimento, non ultima la pubblicazione nel 1718 di tre volumi di scritti, pur con l'esclusione di quelli copernicani. Morto anche Cosimo III de' Medici, i fermenti intellettuali avversi alle ingerenze della Chiesa, sfociati spesso in militanze massoniche più o meno scoperte, trovarono l'appoggio del nuovo granduca Gian Gastone, che intendeva rivendicare a sé e allo Stato quella sovranità ceduta in gran parte all'autorità ecclesiastica durante il granducato del padre. La costruzione di un sepolcro degno del prestigio di Galileo sarebbe stato un simbolo perfetto del nuovo regime laico che s'intendeva instaurare. Non trovando appigli documentari a un divieto che a suo tempo era stato solo verbale, l'Inquisizione non poté più negare i permessi: nel 1737 il monumento funebre di Galileo fu completato e la salma traslata, evitando scandali o clamori, che avrebbero nociuto ad entrambe le parti. Il progetto originario del Viviani non fu del tutto rispettato, né nei tentativi di conciliazione con la Chiesa, né nei dettagli estetici. Nonostante gli intenti polemici che avevano animato l'iniziativa di edificare il nuovo sepolcro, si dovette comunque rinunciare a una delle tre statue previste, la "pericolosissima" Filosofia, vietata dalla Sacra Congregazione dell'Indice, che avrebbe voluto perpetuare nei secoli, anche visivamente, l'immagine di Galileo che aveva tentato di imporre da sempre: unicamente geometra e astronomo, e non studioso dei reali meccanismi della natura. Geometria e Astronomia rimasero perciò le sole a piangere per lui. Si sostituì poi l'epigrafe enfatica concepita dal Viviani con una più neutra, scritta da Simone di Bindo Peruzzi. Opposto a quello di Michelangelo Buonarroti, il sepolcro monumentale di Galileo accolse le sue spoglie e quelle di Viviani il 12 marzo alle 6 del pomeriggio, nel giorno e ora esatti in cui quasi due secoli prima erano stati tumulati i resti di Michelangelo, a ribadire la continuità ideale fra le maggiori glorie toscane. Il notaio Camillo Piombanti redasse tutti gli atti e relazionò fedelmente sull'apertura del vecchio sepolcro e sulla nuova inumazione, alla quale furono presenti anche Antonio Cocchi, Antonio Niccolini, Giovanni Lami, Anton Francesco Gori, Vincenzo Capponi, delegato dell'Accademia Fiorentina, Niccolò Gualtieri, Archiatra granducale, Giovanni Targioni Tozzetti. Se fu prodigo di particolari riguardo al ritrovamento vicino alla cassa di Galileo del cadavere di una giovane donna (probabilmente la figlia Suor Maria Celeste, riunita al padre da Viviani), il notaio Piombanti tacque invece sull'asportazione, da parte di alcuni fra gli astanti, di tre dita, una vertebra e un dente dallo scheletro di Galileo, custodite nei secoli come "reliquie laiche" dall'alto valore simbolico, oggi conservate al Museo Galileo e all'Università di Padova.