Mani di ferro e arti di legno

"Durante la sua seconda campagna di guerra [Marco Sergio] perse la mano destra… Sostenne quattro combattimenti con la sola mano sinistra… Si fece fare una mano destra di ferro e, attaccatala al braccio, liberò Cremona dall’assedio, difese Piacenza, conquistò dodici accampamenti nemici in Gallia…”
Plinio il Vecchio, Storia naturale, VII, 104-105

“È la mia destra, sebbene atta alla guerra, insensitiva a una stretta amorosa. Ella è tutt’una cosa col guanto; e, ben vedete, il guanto è di ferro”.
J.W. Goethe, Götz von Berlichingen, 1773

L'uso di protesi rudimentali risale a tempi remoti, come testimoniano i ritrovamenti di mummie egizie con arti e dita di legno. Erodoto (V sec. a.C.) racconta di un prigioniero che si tagliò un piede per liberarsi dai ceppi e lo rimpiazzò con un pezzo di legno, mentre Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) ricorda un generale romano a cui fu sostituita la mano persa in battaglia con una di ferro. Dal secolo XV compaiono le prime protesi dotate di elementi mobili, come la "mano di Götz von Berlichingen", cavaliere di ventura immortalato da Goethe, a cui nel 1509 fu applicata una protesi metallica con movimentazione meccanica. Nel 1564 il medico francese Ambroise Paré ideò mani artificiali con dita mobili. Bisogna arrivare al XIX secolo per trovare ulteriori innovazioni, a seguito di vari tentativi per realizzare protesi articolate e mobili. Nel 1818 il dentista berlinese Peter Bailiff fu il primo a utilizzare i fasci muscolari del tronco e della spalla per i movimenti di flessione ed estensione delle dita di protesi di mano. Il medico empolese Giuliano Vanghetti (1861-1940) ideò una soluzione per collegare le protesi a muscoli e tendini recisi dall'amputazione: in tal modo il movimento veniva controllato dalla contrazione muscolare. Per costruire i suoi prototipi utilizzò elementi diversi, tra i quali anche pezzi metallici del Meccano.