Durante il congresso di Torino fu Padova la sede più votata per succedere a Firenze. Le autorità austriache diedero inopinatamente il consenso, nell’intento di non tradire paura e debolezza, oppure – come sospettarono i più maligni – per poter meglio esercitare un controllo sui partecipanti, considerando insufficienti le misure di sicurezza adottate dagli altri sovrani italiani. E in effetti le cautele preventive bloccarono alla frontiera più di un aspirante congressista. Facendo del sarcasmo sull’insicurezza che aveva spinto la Censura toscana a proibire, per qualche battuta nel commento bernesco del Guadagoli, il Lunario di Sesto Caio Baccelli, meglio conosciuto come lo Strolago di Brozzi, Giuseppe Giusti commentava: «Ma chi se ne meraviglia, dopo aver veduto mandare indietro dai felicissimi Stati austriaci due o tre avvocati e altri due o tre scienziati che andavano a quel Congresso. Con quarantamila caiserlicchi sul Ticino, aver paura di due o trecento dotti in cravatta bianca andati là a litigare sul volvulus batatas o sopra un ranocchio!».
Per litigare su patate e ranocchi si presentarono in 514, molti meno che a Firenze, anche per la coincidenza delle date con due congressi analoghi a Magonza e a Strasburgo. Accolti a detta di tutti con grande ospitalità dai professori della locale Università, gli scienziati si fermarono a Padova dal 15 al 29 settembre. Presidente generale fu eletto il conte Andrea Cittadella Vigodarzere, segretario perpetuo dell’Accademia di Padova, gradito all’Austria per una buona dose di prudenza e moderazione che lo aveva fin lì tenuto lontano dall’attività politica. Segretario generale il botanico dalmata Roberto De Visiani. Fra i responsabili e gli iscritti in generale alle 6 sezioni (Scienze mediche e chirurgia; Zoologia, anatomia e fisiologia comparate; Botanica e fisiologia vegetale; Geologia, mineralogia e geografia; Fisica, chimica e matematica, Agronomia e tecnologia) il medico Giacomo Andrea Giacomini, l’oftalmologo Leovigildo Paolo Fario, i botanici Lorenzo Berlese e Giuseppe Meneghini, il geologo Lodovico Pasini, il chimico Bartolomeo Bizio, i matematici Giusto Bellavitis e Giuseppe Belli, Antonio Tommaso Catullo, professore di Storia naturale. Ma anche amatori, come l’abate Giuseppe Barbieri, teologo e filologo perseguitato dagli austriaci per le sue simpatie liberali, l’abate Iacopo Bernardi, educatore e patriota, il grecista Giovanni Petrettini, l’abate Giuseppe Iacopo Ferrazzi, letterato dantista, poi allontanato dall’insegnamento per decreto del maresciallo Radetzky. Fra gli stranieri il geologo Jean Baptiste Julien d'Omalius d'Halloy, il fisiologo vegetale e paleontologo Franz Unger, il geografo Jakob Gräberg, l’orientalista Joseph Toussaint Reinaud, maestro di Michele Amari.
Pietro Selvatico Estense scrisse una nuova guida di Padova per i partecipanti, che ricambiarono donando al Municipio un busto di Melchiorre Cesarotti loro offerto e inaugurato con cerimonia pubblica. Il Caffè Pedrocchi fu ristrutturato e ampliato per aver l’agio di raccogliere un numero di persone fuori dall’ordinario. La festa di gala fu alla villa di Strà, ospite il conte Aloisio Pálffy, governatore delle province venete.