Nel 1947, sotto la direzione del primo direttore Andrea Corsini (1875-1961), l’Istituto e Museo di Storia della Scienza ricevette in dono dal collezionista fiorentino Carlo Tantini alcuni bicicli e biciclette databili dalla metà dell’Ottocento ai primi del Novecento. Formata da una dozzina di pezzi, intorno al 1960 la collezione era esposta al piano seminterrato, dedicato alla tecnologia. Il piano fu sommerso completamente dall’Arno in piena e rimase inaccessibile per vari giorni. Dati i materiali costituenti (ferro e gomma), la maggior parte dei bicicli e biciclette – attualmente in mostra al Museo dell’Arte della Lana di Stia – richiese soltanto un buon lavaggio. Diverso fu il caso dei manifesti, anch’essi d’epoca, che arricchivano l’esposizione: ancora oggi mostrano traccia della lunga immersione.
Una sala al piano terreno del Museo era dedicata all’acustica. Vi erano esposti grammofoni, fonografi, telefoni e altre curiosità. Nell’unica foto che si conserva della sala com’era (v. immagine in alto a sinistra), spiccano uno “stentoreofono” per uso marinaresco, proveniente dalle collezioni medicee (a sinistra), e il fonografo di Edison (al centro). La sala venne pesantemente colpita dall’alluvione. Gli oggetti in essa contenuti, quando non completamente persi, richiesero restauri approfonditi. Il fonografo di Edison, dedicato da Thomas Alva Edison (1847-1931) “To my friend E. Fabbri”, fu donato nel 1933 al Museo di Storia della Scienza (oggi Museo Galileo) da un erede del dedicatario stesso, commendator Egisto Paolo Fabbri (1828-1894) di Firenze. Lo strumento fu sollecitamente restaurato dal conte Gaetano Manzoni e riesposto già nel maggio del 1967.
In una delle sale del piano terreno dedicate alla medicina erano esposte le trenta cassette di strumenti di Giovanni Alessandro Brambilla (1728-1800), medico italiano che, divenuto chirurgo personale dell’imperatore Giuseppe II, aveva promosso a Vienna lo studio della chirurgia. Le cassette, acquistate da Pietro Leopoldo di Lorena per la scuola dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova, erano descritte nell’Instrumentarium chirurgicum, pubblicato a Vienna nel 1782. Nel 1966, una copia del volume era esposta con le cassette e subì danni irreparabili. Per riconoscere e riordinare gli strumenti, l’Institut für Geschichte der Medizin dell’Università di Vienna, erede della scuola di Brambilla, donò una copia dell’Instrumentarium al Museo. La donazione rese possibile restaurare ed esporre nuovamente le cassette e gli strumenti in esse contenuti.
Con le cassette del Brambilla, l’Istituto e Museo di Storia della Scienza aveva ricevuto in deposito dall’Arcispedale di Santa Maria Nuova 21 cere e 39 gessi anatomici, non più utilizzati nell’insegnamento dell’ostetricia. Nella sala al piano terreno che ospitava questi oggetti, erano anche esposti tre “teatrini” o “trionfi” (del Tempo, della Peste e della Vanità umana) realizzati dall’abate Gaetano Giulio Zumbo (1656-1701), ceroplasta siciliano al servizio di Cosimo III de’ Medici. Appoggiati su tavoli o appesi alla parete, i modelli anatomici subirono danni rilevanti. Il recupero delle cere ostetriche fu affidato all’Opificio delle Pietre Dure, che curò anche la realizzazione di nuovi supporti per una migliore conservazione e movimentazione. Anche i trionfi dello Zumbo furono sapientemente restaurati e sono oggi esposti al Museo di Storia Naturale di Firenze, Sezione di Zoologia “La Specola”.
Prima dell’alluvione, gli strumenti di chimica e farmacia della collezione lorenese erano esposti al piano terreno, nelle due sale attualmente occupate dal bookshop e dagli orologi da torre. I pezzi di maggior valore erano il banco chimico del granduca Pietro Leopoldo (1747-1792) e gli oggetti di corredo: fornelli, forni e alambicchi, oltre a bottiglie e flaconi, alcuni dei quali contenenti sostanze originali del XVIII secolo. Le acque dell’Arno invasero la sala distruggendo o danneggiando gravemente i fragili strumenti, realizzati per lo più in vetro e terra refrattaria. Il banco chimico fu completamente restaurato ed è oggi esposto nella Sala X, dedicata al collezionismo lorenese. I segni dell’alluvione sono ancora leggibili nelle fratture di diverse storte e nel fango che ha contaminato il contenuto di alcune bottiglie.
La violenza dell’Arno scombinò allestimenti, distrusse arredi e tappezzerie, trasportò oggetti da un ambiente all’altro. Al ritiro delle acque, l’urgenza di portare in salvo il più rapidamente possibile quanto era sommerso dal fango produsse altri danni involontari. Alcuni oggetti o loro pezzi furono frettolosamente scambiati per ciarpame e finirono probabilmente in pattumiera. Tra gli oggetti perduti figurano la splendida cassa decorata dell’orologio di Johann Philipp Treffler (1625-1698) – collocato nel seminterrato in una sala dedicata all’orologeria e oggi esposto in Sala V – e il telefono della regina Margherita di Savoia. Quest’ultimo era appoggiato su una mensola della sala di acustica al piano terreno. Finita l’emergenza alluvione, non fu più ritrovato.