Il movimento apparente del Sole e delle stelle sulla volta del cielo fu il primo orologio che l'umanità ebbe a disposizione per misurare il passaggio del tempo. L'alternarsi del giorno e della notte scandiva il ritmo della vita e quindi il tempo che intercorre tra due passaggi successivi del Sole sul meridiano costituì il campione di tempo fondamentale, ovvero il giorno solare medio. La sua suddivisione in 24 ore di 60 minuti, a loro volte suddivisi in 60 secondi, divenne poi una scala di intervalli in base alla quale si costruirono gli strumenti per la misura del tempo. Le clessidre e gli arenari ancora in uso sulle navi del XV e XVI secolo erano tarati per segnare dei precisi intervalli di tempo, solitamente la mezz'ora che scandiva i turni di guardia per il mantenimento della rotta e i 30 secondi che servivano a stimare la velocità della nave contando i nodi del solcometro. I veri strumenti per la misura del tempo, tuttavia, erano gli orologi meccanici che cominciarono a diffondersi nei conventi medievali sotto forma di svegliarini e orologi da torre. Il loro funzionamento si basava su due meccanismi, il pendolo o bilanciere che effettua il moto periodico, e lo scappamento che conta i periodi eseguiti dal primo. L'oscillazione regolare del pendolo o del bilanciere determina la velocità di avanzamento di una ruota dentata che, agendo su una serie di ingranaggi, sposta le lancette dell'orologio. L'orologio a pendolo, introdotto da Galileo (1564-1642), fu perfezionato da Christiaan Huygens (1629-1695) nel 1656 modificando il movimento oscillatorio da circolare a cicloidale. Questo consentiva di garantire la proprietà dell'isocronismo, ossia la regolarità del tempo di oscillazione del pendolo. La misura del tempo aveva un ruolo decisivo soprattutto nel calcolo della longitudine, che era determinata dalla differenza tra l'ora locale e quella del porto di partenza.