Tra il II e il III secolo d.C. il trasporto del vino subì una rivoluzione: le anfore, da quasi un millennio il contenitore di vino per antonomasia, cedettero il passo alle botti lignee. Invenzione del mondo celtico, le botti sono attestate sin dal I secolo a.C., ma per lungo tempo il loro uso fu estraneo alle civiltà mediterranee. Ancora sul finire del I secolo d.C., Plinio il Vecchio mostra tutta la sua sfiducia verso questi contenitori, responsabili, a suo dire, di avvelenamenti mortali. Un secolo e mezzo dopo, invece, nelle parole del giurista Ulpiano, la botte è fra le dotazioni indispensabili di un possedimento fondiario.

In Etruria, Lazio e Campania il mezzo di trasporto terrestre del vino per eccellenza rimase a lungo il culleus, un enorme otre ricavato da una pelle di bue capace di oltre 500 litri, montato su carri. Solo dal IV secolo d.C. le raffigurazioni di carri con botti diverranno comuni anche negli affreschi delle catacombe romane, confermando così l'ormai definitivo tramonto dell'anfora vinaria e l'affermarsi di un sistema di stoccaggio del vino più economico e funzionale, destinato a durare sino a noi.