Per disegnare la sua mappa del mondo, che a differenza delle mappe tolemaiche comprendeva l'intera superficie del globo, Waldseemüller (ca.1470-ca.1520) elaborò un'estensione geometrica del secondo metodo cartografico di Tolomeo, proseguendo sulla strada indicata pochi anni prima da Enrico Martello (seconda metà XV sec.), più noto come Henricus Martellus Germanus. L'estensione geometrica era suggerita dalla mappa stessa di Tolomeo (ca.100-ca.175 d.C.), dove il prolungamento degli archi di meridiano indicava una possibile configurazione della rappresentazione cartografica a nord e a sud dei limiti dell'ecumene. Seguendo presumibilmente questa traccia, Waldseemüller segnò sull'asse centrale le latitudini dell'equatore, del polo nord, del circolo polare artico e dell'ultimo parallelo scelto come limite meridionale, 40° sotto l'equatore. Poi stabilì un centro di curvatura a 90 unità dal polo nord, poco oltre quello adottato da Tolomeo, e tracciò i principali archi paralleli. Per riportare gli intervalli variabili di 10° lungo i paralleli si servì della rappresentazione a fusi utilizzata per costruire il globo in forma solida. Servendosi di un compasso di riduzione in rapporto di 1 a 8 - questo è il rapporto di grandezza tra i fusi e la mappa - il cartografo tedesco misurò gli intervalli sull'equatore, sul circolo polare e sull'ultimo parallelo meridionale, riportandoli sugli archi corrispondenti della mappa. Poi tracciò due paralleli intermedi, quello passante per la città di Syene, 23°30' sopra l'equatore, e quello situato a 20° sotto l'equatore, suddividendoli come gli altri in intervalli di 10°. A questo punto poté tracciare gli archi di meridiano sopra e sotto l'equatore, costruendoli come curve passanti per tre punti. In corrispondenza dell'equatore, ciascun arco subisce una spezzata, come nel primo metodo cartografico di Tolomeo. Per costruire gli archi di meridiano a nord del circolo polare artico, Waldseemüller sembra aver adottato una laboriosa costruzione geometrica. Tracciò dapprima la corda dell'arco di meridiano più estremo, facendola terminare poco al di sopra del polo nord, in modo che risultasse una linea orizzontale. Tracciò poi su di essa un triangolo equilatero in modo che il vertice fungesse da centro di curvatura dell'arco di meridiano. Successivamente, tracciò la corda dell'arco di meridiano più prossimo all'asse centrale e individuò il centro di curvatura all'intersezione tra la perpendicolare alla corda e la retta orizzontale passante per il primo centro di curvatura. La retta orizzontale, a questo punto, rappresentava il luogo dei centri di curvatura di tutti gli altri archi di meridiano. Tracciò poi le corde di tutti gli archi di meridiano, individuò il centro di ciascuna di esse su un arco passante per il centro delle prime due corde, tracciò le rispettive perpendicolari e segnò i centri di curvatura degli archi di meridiano sulla retta orizzontale. Con il disegno degli archi di meridiano a nord del circolo polare artico si concluse il disegno geometrico della mappa del mondo. Su questa griglia cartografica, Waldseemüller tracciò quindi i profili delle terre, a cominciare forse dall'ecumene di Tolomeo, che il cartografo tedesco ridisegnò senza alcun aggiornamento geografico. Disegnò poi le terre del lontano Oriente, fino all'odierno Giappone, e quindi l'estensione meridionale dell'Africa, circumnavigata dai Portoghesi. Infine, tracciò le coste del Nuovo Mondo secondo le informazioni dei cartografi spagnoli e portoghesi. Poi completò il disegno con la localizzazione delle città, dei fiumi, dei monti, dei venti e con l'inserimento di numerose informazioni testuali; il tutto racchiuso in un apparato ornamentale di grande bellezza. Il processo di stampa non fu meno impegnativo, vista la dimensione del disegno. Waldseemüller suddivise il foglio in dodici parti, adottando una semplice costruzione geometrica per diagonali o dividendo per tre e per quattro i due lati del disegno. Poi tagliò l'intero foglio in dodici fogli più piccoli, accingendosi ad intagliare per ciascuno di essi una diversa tavola di legno. Per trasferire il disegno sulla tavola usò presumibilmente la tecnica dello spolvero, traforando l'intero disegno con un punzone. Poi girò il foglio sulla tavoletta e trasferì il disegno con un tampone di polvere colorata in modo che sul legno rimanesse la traccia del disegno in controparte. A questo punto intervenne un intagliatore, che asportò il legno da tutte le parti del disegno destinate a rimanere bianche nella stampa finale. A lavoro finito, la tavoletta venne inchiostrata e impressa su un foglio da stampa. Le dodici stampe andarono così a comporre la mappa del mondo che diede il nome all'America.