A differenza dell'Almagesto, l'opera maggiore di Tolomeo (ca.100-ca.175 d.C.) tradotta in latino dall'arabo nel XII secolo, la Geografia rimase sostanzialmente sconosciuta nell'Occidente cristiano sino alla fine del Trecento. A favorirne la riscoperta fu l'umanista bizantino Emanuele Crisolora (1350-1415), chiamato a Firenze nel 1397 per insegnare la lingua greca, che portò con sé un codice greco del celebre testo tolemaico. La traduzione, iniziata dallo stesso Crisolora nei due anni successivi, fu conclusa dal suo discepolo Iacopo Angeli da Scarperia (ca.1360-1410 o 1411) tra il 1406 e il 1409. L'interesse degli umanisti fu immediato, sia per la ricchezza della toponomastica antica, sia per la descrizione matematica delle terre abitate che distinguevano quest'opera dagli altri componimenti geografici. Tolomeo insegnava a rappresentare sul piano la sfericità della Terra e forniva per ogni luogo le coordinate geografiche di latitudine e longitudine in base alle quali chiunque poteva disegnare una mappa attendibile di una qualsiasi regione. I principali cartografi che a Firenze tradussero graficamente i dati geografici di Tolomeo furono Niccolò Germano (seconda metà XV sec.), Piero del Massaio (seconda metà XV sec.) ed Enrico Martello Germano (seconda metà XV sec.), cui si deve non solo la raffigurazione dei due metodi cartografici dell'intera ecumene e delle ventisette tavole regionali che concludevano l'opera, ma anche l'aggiunta di nuove mappe regionali che andavano ad aggiornare le informazioni geografiche del cosmografo alessandrino.