La mostra mette in scena le due anime di Piero della Francesca, uno dei più raffinati pittori del Quattrocento, ben noto ai suoi tempi anche per le sue straordinarie competenze matematiche. L’artista di Sansepolcro fu maestro d’abaco, geometra euclideo, studioso di Archimede e “monarca”, come lo definì Luca Pacioli, tra i maestri di prospettiva. Il suo trattato De prospectiva pingendi fu il primo manuale sul disegno prospettico e influenzò profondamente artisti e teorici quali Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer e Daniele Barbaro. Gli unici disegni autografi di Piero, che non siano strettamente figure geometriche, si conservano tra le pagine di questo celebre libro composto in volgare per gli artisti e in latino per gli umanisti. Il termine “pingendi” stava a indicare la finalità pittorica del trattato e identifica la prospettiva degli artisti come una “particella” della cosiddetta perspectiva communis, la scienza ottica che fin dall’antichità studiava le leggi e la fisiologia della visione. Dei sette testimoni giunti sino a noi (tra latini e volgari), quattro recano figure di mano di Piero. Linee sottilissime solcano le pagine del codice per illustrare scrupolosamente l’altrettanto puntuale descrizione testuale dei metodi del disegno prospettico. Da qui, di fatto, inizia la grande esperienza della prospettiva rinascimentale e, parallelamente, prende corpo la teoria geometrica che ne sustanzia la pratica grafica. Resasi pienamente autonoma dalla pittura, nei secoli successivi la prospettiva diventerà oggetto di pura speculazione matematica.
La mostra illustra i contenuti del celebre trattato di Petrus pictor burgensis attraverso una serie di modelli tridimensionali di grande efficacia comunicativa. L’obiettivo è rendere tangibile la dimensione geometrica della bellezza che contraddistingue tutta l’opera pittorica di Piero della Francesca.