Sezione VIII

VII 0Gli inganni della visione

Per levar via l’erore ad alcuni che non sono molti periti in questa scientia, quali dicono che molte volte […] li viene magiore lo scurto che non fa il proprio. Questo adviene per non intendere la distantia che vuole essere dall’occhio al termine […] Sì che stanno in dubitatione, la prospectiva non esser vera scientia, giudicando il falso per ignorantia

Gli inganni della visione e gli effetti bizzarri della rappresentazione causati dalla forzatura del rapporto tra occhio e distanza di osservazione, portano Piero a terminare il trattato con alcuni esercizi che anticipano gli sviluppi dell’anamorfosi. I primi studi di questa particolare forma di rappresentazione prospettica si rintracciano tra gli appunti di Leonardo mentre un’assoluta maestria nel controllo geometrico di queste aberrazioni ottiche è già del tutto acquisita nella cerchia di Albrecht Dürer. In queste particolari rappresentazioni prospettiche, l’oggetto sembra emergere dalla superficie pittorica secondo una modalità ravvisabile, sebbene senza deformazioni, già in alcuni dei primi capolavori prospettici, dal finto altare della Trinità di Masaccio che aggetta in apparenza al di qua della parete, al monumento equestre a Giovanni Acuto dipinto da Paolo Uccello in Santa Maria del Fiore. L’obiettivo era far sembrare gli oggetti “commo veri”, scrive Piero della Francesca, manifestando la chiara volontà di ingannare l’occhio dell’osservatore. Gli esempi descritti sono un “palla” appoggiata su un tavolo, un “renfrescatoio col piedestallo il quale paresse elevato sopra la dicta taula”, e un “anello che pendesse” da un soffitto. Il metodo consisteva nel disegnare l’oggetto in vera forma nelle due proiezioni ortogonali, e nel proiettare i punti che lo descrivono sul piano del dipinto. In questo caso l’intersezione della piramide visiva si trovava oltre l’oggetto e l’immagine che ne risultava era come un’ombra dell’oggetto stesso, tanto più allungata quanto più lontano era il punto di proiezione, un po’ come le ombre lunghe del meriggio, quando il sole è basso.