La Flagellazione di Cristo, ca. 1452, tempera su tavola, 58,4 x 81,5 cm, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
In mostra: ricostruzione virtuale dell’architettura (a cura di Filippo Camerota e Francesco P. Di Teodoro; modellazione 3D, Fabio Corica).
La costruzione prospettica della Flagellazione di Cristo si distingue per la sua aderenza alla geometria della tavola: un rettangolo il cui lato maggiore equivale alla diagonale del quadrato costruito sul lato minore (1√2). Il punto di fuga si colloca all’intersezione tra la suddetta diagonale e l’asse centrale del dipinto, risultando piuttosto basso rispetto alle figure, come se l’osservatore stesse osservando la scena sul piano rialzato di un palcoscenico. Dietro le figure in primo piano si intravede una strada che sembra rimandare a un problema prospettico illustrato nel De prospetiva pingendi, quello della proposizione I.23: “Del piano non quadrilatero, quantunque se sia, uno quadrilatero recidere”. Il problema insegna a costruire una figura molto lunga, come una strada appunto, usando il punto di convergenza delle diagonali dei quadrati, quello che oggi chiamiamo ‘punto di distanza’. Particolare significativo di questo dipinto è il trattamento della luce. Oltre all’illuminazione naturale diurna che, come in tutti i dipinti di Piero, crea una rappresentazione quasi senza ombre, il maestro usa in questo caso anche una luce artificiale puntiforme che illumina la scena della flagellazione. Come si ricava dalle ombre proiettate dalle travi incrociare del soffitto, la sorgente luminosa si trova tra le colonne in scorcio del loggiato all’altezza indicata dallo sguardo del Cristo che sembra rivolto proprio verso quella misteriosa fonte di luce.