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"Rota perpetui motus"
Il capitolo sulla ruota perpetua contenuto nell’opera di Petrus Peregrinus (noto anche come Pierre de Maricourt) è la prima trattazione estesa di un autore occidentale dedicata a una macchina a moto perpetuo. Si tratta di un testo molto importante, rivelatore di un articolato dibattito su questo tema tra gli ingegneri e gli scienziati del XIII secolo. Maricourt propone la novità della forza magnetica, che immagina possa essere impiegata per dare movimento continuo a una ruota. Tra i disegni contenuti in alcune copie dell’opera manoscritta e nelle edizioni a stampa sono presenti difformità e lacune: nella traduzione italiana di Antonio Pigafetta del XVI secolo, ad esempio, non ci sono i chiodi posti sul lembo del cerchione alla distanza regolare di un “seme di fava” l’uno dall’altro, sostituiti da una serie di denti asimmetrici. Difficile capire quale fosse il disegno originario; nelle edizioni a stampa che abbiamo potuto controllare, il disegnatore sembra aver preso come riferimento anche altre ruote perpetue, come quella raffigurata nel foglio 181r del manoscritto anonimo 34113 della British Library, risalente alla fine del Quattrocento. Seguendo la non chiara e approssimativa descrizione di Maricourt, la ruota è costituita da un disco di diametro maggiore e da una ruota dentata di ferro più piccola, montati sullo stesso asse. In un apposito supporto è posto un magnete, che infonde verso i denti della ruota di ferro le proprie virtù, inducendoli a muoversi: quando il dente supera la linea orizzontale, il magnete lo respinge mettendolo in “perpetua fuga” e così via per tutti gli altri denti, ottenendo una rotazione continua.