Orologio “a moto perpetuo”

Attribuito all’orologiaio e ottico spoletino Giuseppe Campani (1635-1715), attivo a Roma nella seconda metà del Seicento, questo strumento, malgrado il nome, non realizza alcun moto perpetuo. Nella parte inferiore, la cassa di legno contiene un meccanismo a orologeria alimentato da un peso. Anziché essere affidata a un pendolo o a un altro tipo di scappamento, la regolazione dell’orologio dipende dalla discesa di una pallina metallica lungo un binario curvilineo inserito in una piccola loggia a otto colonne. La pallina percorre il binario, entra nel meccanismo a orologeria e fa scattare la lancetta in avanti. Cade poi nella canna di lancio, svincola un congegno a molla e viene scagliata in alto. Attraversa un foro, scende lungo un breve piano inclinato alloggiato nella parte superiore della cassa e torna al punto di partenza. Mentre la pallina compie il ciclo di discesa, della durata di 30 secondi, il movimento a orologeria ricarica il congegno di lancio.
Lo strumento apparteneva alle collezioni della famiglia granducale de’ Medici almeno dal 1692. Come ricorda un’iscrizione all’interno della cassa, fu completamente risistemato nel 1797 dall’ebanista Pasquale Bassetti e dal meccanico Felice Gori.