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Paradosso meccanico
Strumento ligneo costituito da due rotaie divergenti in salita e un doppio cono. La geometria dell’oggetto è studiata in modo che, se si appoggia il doppio cono all’estremità più bassa del binario, esso si sposta verso l’estremità più alta. Se il doppio cono salisse davvero, l’energia potenziale guadagnata a fine corsa potrebbe essere trasformata in lavoro utile, per esempio azionando una leva. Raggiunto il livello iniziale, il doppio cono potrebbe essere spostato in orizzontale fino al punto di partenza spendendo una minima frazione del lavoro guadagnato. Il ciclo potrebbe ripetersi producendo continuativamente lavoro dal nulla. Purtroppo, la geometria dell’oggetto realizza un inganno percettivo. Nell’apparente salita, il baricentro del doppio cono scende inesorabilmente. Una volta raggiunta fine corsa, esso non può produrre alcun lavoro; anzi, per riportarlo al punto di partenza è necessario spenderne.
Lo strumento era comune nei gabinetti di fisica già nella prima metà del Settecento, descritto sia dal matematico olandese Willem Jacob ’s Gravesande (1688-1742) nei Physices elementa mathematica, esperimentis confirmata (Leida 1720-1721), sia dall’abate francese Jean-Antoine Nollet (1700-1770) nelle Leçons de physique expérimentale (Parigi 1743-1748).