14. Sabbie e vetri
In epoca romana il vetro era ottenuto per fusione di una miscela di materie prime naturali, un sistema rimasto sostanzialmente invariato almeno fino al VII secolo d.C.
I componenti principali di questa miscela erano la sabbia ed il natron, un minerale chimicamente corrispondente alla soda. Secondo le fonti letterarie antiche, una delle poche sabbie dalla cui lavorazione si poteva ottenere il vetro proveniva dalla foce del Volturno in Campania.
Il ritrovamento a Pompei di una notevole quantità di vetro grezzo sembra dimostrare l'esistenza in città di un centro di rifusione e lavorazione.
La lavorazione del vetro ebbe origine in Mesopotamia a metà del secondo millennio avanti Cristo. Una svolta determinante fu rappresentata dall’invenzione della canna da soffio, che permise di realizzare in tempi rapidi oggetti cavi soffiati a mano libera o a stampo. Il vetro si rivelò ben presto il materiale ideale per la conservazione di cibi, bevande e profumi, e i contenitori vitrei divennero un soggetto frequente nelle raffigurazioni.
In età romana il vetro si otteneva fondendo a circa 800 gradi una miscela di carbonato di sodio naturale e sabbia siliceo-calcarea, quest’ultima proveniente dalla foce di alcuni fiumi, tra cui il Volturno in Campania. Si ricavava così una pasta di vetro grezzo, che veniva poi rifusa e modellata in brocche, bicchieri, unguentari, monili e lastre per finestre. I manufatti colorati e le tessere dei mosaici, in pasta vitrea, si ottenevano aggiungendo minerali diversi al vetro fuso.