5. L'utilizzo delle risorse naturali
L'uomo antico utilizzava le risorse naturali offerte dal territorio per ricavarne materiali utili al suo vivere quotidiano. Sabbie, legni, metalli, rocce, argilla erano così trasformati in suppellettili, elementi costruttivi o decorativi, armi, gioielli e perfino belletti.
Le conoscenze botaniche degli antichi possono essere ricostruite attraverso fonti sia letterarie che iconografiche. Alle piante venivano assegnati di solito nomi che coglievano i principali caratteri che presentavano all'osservazione. Il riconoscimento delle specie avveniva confrontando le singole caratteristiche di piante diverse. Nelle pitture le piante sono spesso raffigurate con grande fedeltà, e ciò ha permesso di identificare molte specie. Lo studio della flora pompeiana trae oggi fondamentale supporto anche dall’identificazione macroscopica e microscopica di semi, frutti, pollini e legni.
L’uomo antico traeva dal mondo vegetale molte risorse: le piante arboree, arbustive o erbacee erano impiegate per le costruzioni civili, per usi militari e in ebanisteria. Servivano inoltre per l’alimentazione, per la medicina, per la cosmesi e per fabbricare tessuti. Di alcune piante si faceva un impiego diverso dall’attuale: il melo cotogno, ad esempio, era utilizzato per i profumi, la fibra della ginestra per la produzione tessile, col finocchio si curavano molti malanni, mentre la farina di ghiande veniva consumata come alimento in tempi di carestia.
L’introduzione in Italia di specie vegetali da regioni di più antica civiltà risale a tempi assai remoti. La vite e l’olivo arrivarono nell’area vesuviana dalle colonie greche, mentre il limone, proveniente dall’India, era coltivato nell’agro vesuviano già nel primo secolo dopo Cristo. Nello stesso secolo furono introdotti in Italia il pesco e l’albicocco, importati in Grecia dall’Armenia, e una nuova varietà di ciliegio, che Lucullo fece arrivare dal Ponto.