3. La scienza e le tecniche dell'acqua
L'acqua, non solo per scopi alimentari, rappresenta uno dei primi bisogni dell'uomo. Le tecnologie connesse al suo approvvigionamento, alla sua distribuzione e alla sua canalizzazione costituiscono la base per un'infrastruttura di importanza primaria nella città romana così come in ogni agglomerato urbano.
I sistemi e le tecniche per l'adduzione e la distribuzione dell'acqua rappresentano a Pompei, al tempo dell'eruzione del 79 d. C., una realtà complessa che testimonia il notevole livello raggiunto non solo nella scienza idraulica, ma anche nelle tecniche metallurgiche, architettoniche ed urbanistiche.
La cura per l'acqua rappresentò una delle preoccupazioni costanti dei Romani: l'acqua scorreva invisibile nelle tubature sotterranee degli impianti degli acquedotti sostenuti da archi per manifestarsi poi soltanto negli zampilli delle fontane.
La costruzione degli acquedotti di Roma, iniziata intorno al quarto secolo avanti Cristo, si ampliò successivamente sino a comprenderne undici.
Nel De Architectura Vitruvio trattò ampiamente di tecniche idrauliche, descrivendo non solo pozzi, acquedotti e cisterne, ma anche pompe e mulini. In seguito Frontino espose in un trattato le conoscenze e le pratiche idrauliche dei Romani.
L'acqua, attinta dalle sorgenti, veniva convogliata in vasche di decantazione, dalle quali era incanalata in condotte spesso sotterranee o sopraelevate, sostenute da arcate in muratura. Si sono ritrovate condotte di cotto, di muratura, oppure scavate direttamente nella roccia o in blocchi di pietra. Tuttavia, di solito, esse venivano realizzate in piombo.
L'acquedotto alimentava il serbatoio principale, in prossimità del centro urbano, dal quale derivava la rete di distribuzione alle utenze pubbliche e private.
A Pompei l’acqua veniva convogliata nella grande cisterna situata presso Porta Vesuvio, nel punto più elevato della città. Da qui partivano le condotte che alimentavano le terme, le fontane e le abitazioni private. La rete di distribuzione era realizzata con tubi di piombo. Le valvole a spina rinvenute testimoniano l’elevato livello raggiunto nella lavorazione dei metalli.
Ci si preoccupava anche di raccogliere l’acqua piovana, che veniva convogliata, attraverso l’apertura del compluvio, nella vasca dell’impluvio, da cui rifluiva in cisterne interrate.
Tra le macchine per sollevare l’acqua, una delle più diffuse era la noria, una ruota dotata di cassette o secchie.
La vite di Archimede, costituita da un condotto a spirale attorno a un asse rotante e azionata con i piedi da uno schiavo, serviva a sollevare l’acqua per superare piccoli dislivelli.
L’energia idraulica veniva sfruttata mediante diversi tipi di ruote; esse trasmettevano principalmente il moto alle macine del mulino, ma azionavano anche altre macchine operatrici.
- Provenienza: Pompei I, 7, 1, Casa di Paquius Proculus, amb. B a destra dell'ingresso (7/2/1923)
- Datazione: I secolo d.C.