Affresco con processione di falegnami, Pompei
Affresco con processione di falegnami

Fra i reperti archeologici rinvenuti a Pompei sono presenti anche molti attrezzi per la lavorazione del legno, un materiale che era largamente impiegato nella carpenteria edile e navale, nella fabbricazione di mezzi di trasporto, per la realizzazione di mobili, serramenti e numerosi altri oggetti di uso quotidiano.
Gli attrezzi, suddivisi in funzione del tipo di lavorazione cui erano destinati (abbattimento dell'albero, carpenteria, falegnameria), erano realizzati in ferro con forme riconducibili ai prototipi in bronzo prodotti dalle Civiltà che precedettero quella romana. Essi sono espressione di una tecnologia di lavorazione che, non disponendo di fonti di energia alternative a quella umana, era ancora fortemente condizionata dalla necessità di fare un uso parsimonioso del legno.

A Pompei le conoscenze sulla natura dei diversi tipi di legno e sulle tecniche di lavorazione avevano raggiunto un livello molto avanzato, a conclusione di un processo di evoluzione iniziato molti secoli prima nel bacino mediterraneo. L’esame dei reperti, delle raffigurazioni iconografiche e dei testi letterari documenta che il legno era impiegato nella carpenteria edìle e navale, per la costruzione di mezzi di trasporto, per realizzare mobili, infissi e altri oggetti di uso quotidiano.
Le specie legnose erano selezionate in base alla loro idoneità per i diversi tipi d’impiego, privilegiando quelle reperibili in zona e ricorrendo, se necessario, all’importazione.
Gli attrezzi utilizzati per le varie fasi di lavorazione del legno, dall’abbattimento dell’albero fino alla produzione di manufatti, erano realizzati in ferro, con forme riconducibili ai prototipi in bronzo sviluppati alcuni millenni prima.
L’uso di strumenti in ferro rese possibile la fabbricazione di oggetti in legno resistenti e di notevole mole, come gli armadi di cospicue dimensioni ritrovati a Ercolano e a Pompei.

Il livello raggiunto dagli Antichi nella conoscenza delle specie legnose ci è tramandato dagli scritti di Teofrasto, che per primo stabilì criteri di classificazione basati sulla densità, sulla resistenza meccanica e sulla durabilità naturale.
L’esame dei reperti lignei provenienti da Ercolano e Pompei ha evidenziato un uso prevalente delle specie disponibili in loco: fra le conifere, abete bianco, pini e cipresso, mentre fra le latifoglie, querce, pioppo, faggio, castagno e olmo.
Per la facilità di lavorazione l’abete bianco era il più utilizzato, sia per lavori di carpenteria, che per la produzione di mobili e infissi.

La scelta del legno veniva fatta con grande cura: nell’abete bianco, ad esempio, la parte basale del tronco era destinata a lavori di falegnameria, mentre quelle più alte e più nodose ai lavori di carpenteria.
Per l’abbattimento dell’albero si usavano scuri a tagliente semplice o doppio. I tronchi erano successivamente squadrati mediante asce, oppure venivano suddivisi in tavole grazie a seghe a telaio, in uso fino ai giorni nostri, o tramite lavorazione per spacco, praticata con l’ausilio di cunei.
Le tavole destinate alla produzione di mobili erano levigate con la pialla; venivano poi incollate con colle di origine animale, oppure assemblate a incastro, utilizzando strumenti come il trapano ad arco e gli scalpelli. Le parti a vista dei mobili più pregiati erano rifinite con intarsi finemente lavorati.