Dopo la morte di Fra Mauro (attivo ca. 1430-ca. 1459/1464) nessun camaldolese proseguì la sua opera cosmografica. La congregazione del monastero di San Michele conservò il mappamondo ma si disinteressò degli altri suoi lavori cosmografici, che comprendevano mappe, disegni e scritture. La paternità del mappamondo fu presto dimenticata.
Giovanni Battista Ramusio (1485-1557), che nel 1559 descrisse il mappamondo nel secondo volume del suo Navigationi et Viaggi, attribuì l’opera a un generico converso del monastero di San Michele. Sostenendo inoltre che il mappamondo riproduceva fonti cartografiche portate a Venezia da Marco Polo (1254-ca. 1324), Ramusio riduceva perfino il mappamondo a un lavoro compilativo, richiamando l’attenzione più sulle fonti che sull’opera stessa.
Il nome di Fra Mauro fu omesso anche nella prima storia della congregazione camaldolese edita nel 1579, ma il suo sapere cosmografico, seppur in forma anonima, continuò ad alimentare gli studi geografici e la cartografia del tempo.